Amministratore | Articoli | 01/03/2013 | PDF

Anno primo dell'era SFMR

Sono passati poco più di dodici mesi dall'introduzione delle prime corse "SFMR" tra Venezia e Mira Buse.
I dati sull'utilizzo del servizio sono sconfortanti, ma non certo sorprendenti: vediamo perché.

"SFMR, si parte da Mira Buse", titolavamo nel giugno 2010. I proclami ufficiali descrivevano la partenza di questi servizi come l'inizio di una nuova era: treni nuovi, corse in più, investimenti corposi. Alcuni membri della nostra Associazione avevano preso parte alle prime corse, documentando lo stato dei mezzi e del servizio.
Alla fine di agosto 2011 il presidente di Sistemi Territoriali, Gian Michele Gambato, si è trovato costretto a dichiarare al pubblico dati di utilizzo tutt'altro che incoraggianti, specie se li accostiamo alla spesa finora sostenuta per foraggiare il servizio.

Nel 2010 si erano presentate, per una volta come un insieme organico, una lista di grandi novità: i due nuovi elettrotreni Flirt entrati a far parte del parco di SI; il completamento, dopo anni di letargo, dell'elettrificazione del tratto Mestre - Mira Buse della linea per Adria; l'inserimento di nuovi servizi in orario, pensati per migliorare l'offerta di trasporto pubblico incentrata su Venezia, sfruttando le nuove possibilità tecniche.
Il comunicato stampa della Regione, n. 611 del 24/03/2010, stimava un valore annuo di € 343.934,83 per finanziare le 10 corse quotidiane (nei soli giorni feriali). A questo si aggiungono i costi - dell'ordine di qualche milione di euro - per l'acquisto dei due treni, e per l'elettrificazione della linea.
Oggi Gambato dichiara che "Il numero di passeggeri delle nuove corse è di 150 passeggeri in più al giorno. Un risultato deludente, se si pensa che la linea da Venezia a Mira Buse vede l'istituzione di 8 corse in più proprio per poter incrementare da parte dei pendolari, l'uso del mezzo su rotaia al posto dell'auto. Invece ci sono stati 18 passeggeri per ogni treno".
A noi, orario alla mano, risultano 10 e non 8 corse tra Venezia e Mira Buse e vv. (molte delle quali limitate a Mestre), ma i risultati cambiano di poco: l'incremento assoluto di viaggiatori è desolantemente basso.
Tutto questo in effetti non è una sorpresa: agli addetti ai lavori era chiaro sin dal primo momento che il servizio non avrebbe mai potuto, con la configurazione proposta, essere preso effettivamente sul serio da parte del pubblico.

Riportiamo quelle che, secondo Sistemi Territoriali, sono le cause del fallimento, e poi proviamo a proporre qualche nostra interpretazione.

Gambato suggerisce che "Bisogna innanzitutto migliorare l'uso delle stazioni di Oriago Porta Ovest, Oriago, e Mira Buse potenziando la loro visibilità sul territorio. Un compito questo che può essere assolto dal Comune di Mira con una nuova cartellonistica più evidente. Resta poi da ripensare il servizio incrementando l'uso turistico, facendo sapere agli operatori turistici e ai visitatori che per fare un giro a Venezia, è più comodo lasciare l'auto alla stazione Porta Ovest e andare a Venezia senza l'assillo del parcheggio a Piazzale Roma".

Primo punto: un servizio per turisti o per pendolari? Nessuno dei due: sempre orario alla mano, vediamo che le prime partenze da Mira verso Venezia sono alle ore 13:28 e 15:26, seguiti da corse Mira - Mestre alle 17:30, 18:30 e 19:37. Orari francamente improbabili sia per il pendolare diretto al lavoro, sia per il turista che voglia visitare il centro storico. Le corse di rientro seguono una distribuzione simile, tra le 14 e le 20, e sempre con le ultime tre limitate tra Mestre e Mira.
Si badi che sarebbe un errore considerare questi servizi come un concetto a sé stante: la linea è comunque popolata dai tradizionali servizi da Piove di Sacco ed Adria, e le corse limitate vanno solo a riempire vuoti d'orario nella parte più prossima alla città.
Tradizionalmente i "rinforzi" si inseriscono nelle fasce orarie più frequentate, non a metà pomeriggio.

Comunque l'intera operazione è incomprensibile: la tanto paventata introduzione di SFMR è cominciata con l'inserimento di corse tappabuchi su una linea minore, in orari di morbida, e senza neppure intervenire sul già poco invitante orario esistente. Il valore aggiunto di questi servizi è nullo, e comunque il poco che fanno poteva essere tranquillamente coperto dai rotabili già in uso, senza spese per elettrificazione e mezzi nuovi.

Un pesante handicap è rappresentato dalla brevità del tratto elettrificato. Tra Mira Buse e Venezia ci sono solo tre stazioni, per un totale di 19 km. I treni più moderni sono quindi limitati ad un bacino di utenza molto scarso, utenza che oltretutto troverà scoraggiante vedere che tre coppie su cinque viaggiano al massimo per 10 km per poi costringere ad un cambio a Mestre.
In tutti i casi una distanza troppo breve per pensare di ammortare efficientemente le spese fisse sopra menzionate: se si elettrifica una linea lo si fa fino ad un nodo importante (Piove di Sacco), non certo fino ad un punto casuale, elevato giocoforza a capolinea dei propri servizi migliori. Come può ripagarsi un'infrastruttura monca?

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Dall'articolo di giugno 2010: "Prospettiva della stazione di Mira Buse, vista dai paraurti dei tronchini; sulla sinistra il fabbricato viaggiatori e l'ETR 340.001 prima del suo viaggio inaugurale" (14/06/2010, foto M. Brondolin)

Si aggiunga a questo il fatto che, delle tre stazioni afferenti al servizio verso la città, solo Oriago può essere considerata in buona posizione rispetto al territorio servito. Mira Buse si trova ai margini della periferia di Mira, lontana dal centro, e in una posizione particolarmente inaccessibile dagli insediamenti abitativi più vicini (e sì, concordiamo sulla necessità di aggiungere qualche indicazione per raggiungerla).

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Venezia Porta Ovest porta sulle spalle tutto il peso dell'inesperienza, dell'inadeguatezza e del pressapochismo di chi ha pensato il servizio ferroviario veneto attorno all'automobile: è vero che è prossima ad un importante asse stradale, ma è anche vero che più che una stazione è un piazzale asfaltato in mezzo al deserto, fuori da aree abitate, privo di trasporto pubblico o altri servizi.
Dietro ad un nome altisonante si nasconde l'ennesimo uso di spazio scoordinato rispetto al tessuto urbanistico esistente, raggiungibile unicamente in automobile, e costruito con la solita speranza che l'utente sia così gentile da usare l'auto per cinque minuti e venire in stazione invece che mettercene dieci per entrare in città. Una volta che il viaggiatore si è messo in auto, tenderà ad arrivarci a destinazione, non a parcheggiare a pochi chilometri dalla destinazione per poi aspettare il treno in una stazione sguarnita di ogni comfort se non l'ampio parcheggio.
Ormai fioccano gli esempi di stazioni con un parcheggio molto grande e un orario molto piccolo e disordinato: Venezia Porta Ovest, Maerne, Gaggio Porta Est...

Non entra nella testa della popolazione e non entra nella testa degli amministratori: il trasporto pubblico, per funzionare bene, deve partire da case e uffici e portare a destinazione anche con più mezzi, ma senza richiedere l'uso del mezzo privato per parti del viaggio. Avere bisogno di un'auto per prendere un treno significa che l'efficacia della rete di trasporto pubblico è prossima allo zero (e significa che il viaggiatore continuerà in auto).

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Una stazione sguarnita di ogni comodità.
(foto Luca Fascia, dal sito Wikimedia Commons)

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L'ampio parcheggio di Venezia Porta Ovest; sullo sfondo l'autostrada A57.
(foto Luca Fascia, dal sito Wikimedia Commons)

Infine, la consueta nota sull'orario: possibile che prima di elettrificare, comprare treni appositi, costruire una stazione nuova e rifarne due, costruire un'intera rete stradale attorno ad esse, e finanziare cinque coppie al giorno, non si sia nemmeno tentato di migliorare il carente orario della Mestre - Adria?
Con o senza "corse nuove" non esiste alcun cadenzamento, vi sono ampi buchi, e il materiale rotabile è in parte datato. Come riempire gli ampi parcheggi, se il viaggiatore non sa neppure quando passerà il treno successivo?

Questa disamina, avrete notato, non tocca lo stato del servizio dopo un anno di attività, ma ne analizza la situazione di partenza: a nostro avviso era evidente, anche ad occhi meno esperti, che le premesse non potevano portare a nulla di buono, e così è stato.
Non è ammissibile una tale noncuranza progettuale da parte della Regione e di Sistemi Territoriali, ed è impossibile considerarli degli errori in buona fede.

Domanda esplicita: l'obiettivo della Regione Veneto e di Sistemi Territoriali era trovare un modo pratico per migliorare la percezione del servizio, o applicare la via più rapida per spendere molti soldi? Ottenendo, per di più, la scusa politica da giocare in futuro, quando i servizi saranno tagliati o quando si negheranno le possibilità a proposte di investimenti per la ferrovia: abbiamo messo i treni ma non li usava nessuno, alla popolazione il treno non interessa...